6 COSE SULL’ALLATTAMENTO CHE NON TI DICONO PER NON SPAVENTARTI (E PREPARATI A DIVENTARE VERDE!)

Tu puzzi e il tuo armadio puzza. Tuo marito non ti guarda più come prima e quando cammini fai attenzione: oltre ad avere le zinne al vento – come, non te ne sei accorta? – potresti ritrovartene una tra i piedi. Allattare non è un lavoro per tutte ma se tieni duro, non te ne pentirai

 

In Rete si parla tanto di allattamento: perchè importante farlo, come farlo e quanto farlo.

Non se ne può più. Che palle, dai…

Decidi tu mamma se allattare il tuo piccolo, cerca di capire se ti piace o se è più un peso per te. Ma datti tempo prima di decidere.  Così sarai sicura della tua scelta sia essa in un verso o nell’altro.

Per alcune mamme, allattare, può essere davvero difficile: problemi al capezzolo, poco latte, il bimbo che non si attacca bene. Pensa che io, pur senza inghippi di questo tipo, volevo mollare già dopo il primo mese. Non ero pronta psicologicamente a consegnare tutta la mia vita a quell’esserino. Giorno e notte, notte e giorno. Così stavo per dire basta. Poi ho stretto i denti e mi sono abituata.  Finchè poi c”ho quasi preso gusto. E oggi mia figlia, a 19 mesi, è ancora allattata al seno.

Allattare, in fondo, è proprio questo: una questione di abitudine. 

Come dicevo, scegli tu se allattare o no. L’importante è che tu lo faccia consapevolmente e non perchè sei stata consigliata male, per esempio da un’ ostetrica che non ti ha spiegato l’attaccamento. Meglio che tu abbia smesso perchè hai visto che allattare non faceva per te. Così sarai felice e senza rimpianti. 🙂

 

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Diciamocelo…allattare non è un lavoro per tutte:  devi farlo anche quando non vuoi (esattamente come un lavoro!).  E poi ci sono un sacco di cose sull’allattamento che non vengono dette e si scoprono solo dopo.

Quasi me ne vergogno oggi, ma io sono quella che al corso pre-parto ha chiesto all’ostetrica:

“Ma se qualche sera volessi uscire con mio marito e lascio la mia bimba a Nonnarisparmio, posso darle il biberon con il latte artificiale?”.

Perchè io pensavo che il latte uscisse a richiesta per l’appunto.

Poppante non chiede, latte non esce!

Sbagliato! Nessuno mi aveva detto che se salti una poppata, inzia la trasformazione nell’incredibile Hulk: le vene cominciano a gonfiarsi, due pettorali duri e gonfi che manco in tv alla finale del wrestling e tu che cominci a tastarti il seno per capire un po’ la situazione (un po’ come Hulk no? Quando si batte i pungni sul petto 🙂 ).

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Beh oggi qualcosa ve la posso pure dire, dopo 19 mesi di onorato servizio. Per la serie: conosci il tuo nemico, anche se hai muscoli d’acciaio! 🙂

Ecco quello che ti aspetta!

 

CAPEZZOLI MODELLO CHICCO

Non puoi capire quanto faccia male attaccare tuo figlio le prime volte, finchè non provi. Ma come fanno le altre mamme che allattano felicemente al parco? Lo fanno perchè, a loro, si è già formato il “callo”. Per cui porta pazienza…e aspetta che la metamorfosi abbia inizio. I primi giorni ti ritroverai due capezzoli gonfi che ricordano un ciuccio. E aiutati con dei piccoli (grandi) urletti, tipo “Ahhhhhhhhhhhhhiaaaaaa!” quando si attacca. Funziona!

 

DUE TETTE, DUE MISURE

Sii pronta a giare per casa sempre mezza nuda. Inverno o estate che sia, non importa. Il pudore non saprai più cosa sia …tanto nemmeno ti renderai conto se il seno di destra è rimasto scoperto! E che sia grande la metà di quello sinistro? Un dettaglio di cui non ti preoccuperai quasi subito. Perchè tanto non avrai il tempo di guardarti allo specchio.

 

CAPELLI ALLA CHARLIE BROWN

In gravidanza avevi dei capelli bellissimi, folti e lucenti? Bene, spero per te tu abbia tanti capelli perchè con l’allattamento ne perderai. E tanti. Ti ritroverai tra le mani mazzetti di ciocche che ti faranno pensare che stai per diventare calva. Tranquilla, finirà. Il culmine è intorno ai 3 mesi del piccolo, se poi quei tre mesi coincidono con l’autunno (come nel mio caso!)…il mio consiglio è di comperarti una bella parrucca! 🙂

 

ASCELLATA CHE MANCO DOPO LA STRAMILANO

Gli ormoni cambiano, il corpo muta – la metamorfosi continua! – e tutta quella produzione di latte proprio vicino alle ascelle certo non aiuta a profumare di rose appena raccolte. “Ma sono io o c’è un gatto morto in casa?” 🙂 Siete voi! Potrete lavarvi cento volte al giorno, usare i migliori saponi ma c’è poco da fare…puzzate! Non sempre eh! Va a  fasi.

 

TETTE A MO DI CHEWING-GUM

Inutile far finta di nulla. Il seno non sarà più quello di prima, cambierà forma, colore, peso. E’ sempre il vostro corpo, ma in un certo senso non lo è più. E’ un po’ come se fosse posseduto, tipo l’Esorcista. Solo che a possederlo è vostro figlio. Anche vostro marito ne è estromesso. E forse non gli dispiace nemmeno troppo visto che ora da lì esce del latte. 😉

 

L’ARMADIO SAPRA’ DI STALLA

Scordatevi di outfit, pizzi e merletti per un po’. Quando aprite il vostro armadio, adesso, non c’è più quel buon profumo di bucato ma qualcosa che assomiglia di più a una stalla piena di buoi subito dopo il pascolo. E’ il latte (avariato) che stagna sui vostri capi preferiti. Meraviglioso, no? 🙂

 

 

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“L’unico capo nel mio armadio che non puzzava di latte acido”

 

 

Amiche, niente paura! Allattare ha anche un sacco di vantaggi di cui parleremo più avanti. Sta a voi decidere se sono più i lati positivi o quelli negativi. Buona scelta a tutte!

Ti è piaciuto questo post? Fallo girare, condividilo. GRAZIE!

 

NEL GIORNO DELLA MEMORIA, SE APRO L’ACQUA ED ESCE CALDA…IO MI RICORDO!

Oggi è il giorno della Memoria, il giorno perchè si continui a ricordare, per non dimenticare.

George Santayana

 

“Coloro che non ricordano la storia sono condannati a riviverla”

 

La foto di questa targa è stata scattata lo scorso settembre ad Auschwitz- Birkenau, quando Papàrisparmio e io, al mare, abbiamo preferito la più fredda Cracovia, punto di partenza per visitare il campo di concentramento dove sono state uccise oltre un milione e mezzo di persone.

 

veduta di auscwitz birkenay campo di concentramento dall esterno ingresso

 

E’ un viaggio che tutti dovrebbero fare. Sono immagini che tutti conosciamo grazie ai libri di storia e ai documentari, ma vi assicuro che vedere quelle scene dal vivo è tutta un’altra cosa.

Potete pensare di andarci questo aprile magari, quando Cracovia sarà in festa (il 27 aprile per l’esattezza) per la santificazione di Papà Giovanni Paolo II.

Devo dire che di brutture, purtroppo, qualcuna ne ho vista. Sono entrata nella seconda favela più grande dell’America latina, la Rocinha di Rio de Janeiro, una città nella città dove il sole fa fatica a entrare.

 

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Non è raro trovare qualche cavo penzolante. Ognuno si allaccia alla luce come può (quando c’è!)

 

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Una veduta dall’alto della Rocinha.

 

Recife, ci si ripara dalla pioggia. I bambini sulla destra nemmeno la sentono più...

Recife, ci si ripara dalla pioggia. I bambini sulla destra nemmeno la sentono più…

 

 

Anche a Caracas le case sono ammassate una sull’altra in un equilibrio precario come fossero tanti lego pronti a venire giù da un momento all’altro. Spesso mancano i sanitari, la luce, l’acqua, il gas e ci si arrangia come si può. La dignità dell’uomo in questi luoghi – nel 2014 – è fortemente compromessa e a farne le spese sono ancora loro, i più deboli: i bambini.

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I vetri alle finestre sono un vero lusso. E non fa sempre così caldo

 

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Una favela colombiana dove si fa tutto nel fiume…i bambini crescono nell’immondizia

Qui sopra siamo in Colombia dove l’amianto non solo copre la testa della gente nelle zone più rurali ma lo si trova anche nella capitale, Bogotà, nei parchi giochi dei bambini per esempio o nelle scuole. Se penso che la mia Babyrisparmio è per metà colombiana mi si stringe forte il cuore. Lei è stata più fortunata. Eccola qui sotto, con il suo papà, a una mostra che riproduce quasi a grandezza naturale un negozio gestito da ebrei e siglato dai nazisti con la scritta “Jude”.

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In questo giorno della memoria mi preme ricordare non solo gli ebrei, ma anche gli omosessuali, gli handicappati, gli zingari, i polacchi e tutte le minoranze etniche e religiose che sono state ferocemente perseguitate perchè considerate diverse.

Ma lascio che siano le immagini a parlare per me. Torniamo per un attimo ad Auschwitz.

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Migliaia le protesi che sono state ritrovate nel campo appartenenti a persone “inutili”, da eliminare: gli handicappati

 

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Qualche vestitino, una bambola senza la testa e delle scarpine ci ricordano la presenza dei bambini in un inferno chiamato Auschwitz

 

 

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Appena arrivati al campo dopo giorni di viaggio. Ecco uno dei momenti più strazianti: la separazione dal proprio marito, figlio, mamma, sorella. Alcuni non si sono mai più rivisti.

 

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Bambini già adulti. Si tengono per mano e si fanno coraggio mentre si incamminano verso le camere a gas.

 

 

Lo so, sono immagini forti, si fa fatica a credere che tutto questo sia accaduto non molto tempo fa. Ai nostri figli, nati nel terzo millennio, sembrerà già un’epoca molto lontana. Soprattutto se non ci impegneremo ad aiutarli a ricordare. Ma in fondo c’è la storia di tutti i giorni che ci dà una mano. Perchè questi bambini del video qui sotto sono poi così diversi da quelli che si incamminano verso le camere a gas? E tutto ciò accade oggi, adesso che state leggendo. Non 60 anni fa.

 

Molte di queste persone sono quelle che poi cercano di imbarcarsi alla volta di Lampedusa. Non esiste un noi e un loro, secondo me. Esistono solo gli esseri umani e il desiderio di dare una speranza di vita ai propri figli e a se stessi. Purtroppo non sempre va bene. Ma se gli ebrei, per scappare alle persecuzioni, avessero preso quei barconi, voi li avreste rispediti al mittente?

E’ vero l’Italia è in ginocchio, è in difficoltà però spero che le immagini sopra, ci aiutino a ricordare che nel mondo – adesso – c’è molta gente che sta peggio di noi. E che riesce persino a trovare sempre un sorriso…solo per il fatto di essere viva.

Io a me stessa non chiedo tanto. Mi basterebbe solo ricordarmi di quanto io sia fortunata se quando apro il rubinetto, l’acqua esce calda! Perchè quello che è scontato per me è un’enorme conquista per qualcun altro. 

E’ il regalo che mi voglio fare per quest’anno appena iniziato.

Grazie alla giornalista Marta Serafini.

USI DEL SAPONE DI MARSIGLIA, DALLO SHAMPOO AI PAVIMENTI. MA NON SONO TUTTI UGUALI!

Un unico prodotto e mille usi. Butta via tutti i flaconi che hai casa, risparmi tempo e denaro e rispetti anche l’ambiente. Ottimo alleato per l’igiene di chi soffre di allergie. Tutto questo grazie al sapone di Marsiglia originale, quello prodotto in Francia

Vi ricordate dell’ormai famoso post del detersivo per lavatrice fai da te quando,  parlando del sapone di Marsiglia, si dice che “qualunque sapone vada bene”. Beh, ho scoperto che non è proprio vero!  Sarebbe un po’ come dire che le buste di formaggio con la dicitura “parmesan”, prodotti e venduti all’estero, sono identiche a quelle italiane.

Una delle ragioni che mi ha sempre attirato del mestiere di scrivere è che prima o poi ti ritroverai a parlare di cose che non conosci, e quindi imparerai cose nuove.

Ecco, io questa possibilità  l’ho avuta proprio di recente con il vero sapone di Marsiglia.

Il prodotto che troviamo abitualmente sui nostri scaffali, viene fabbricato chissà dove, spesso con sego bovino (il grasso presente tra la pelle e il muscolo dell’animale) ed è pieno di additivi e conservanti.

Il vero sapone di Marsiglia, invece, contiene solo oli vegetali, soda e cloruro di sodio (sale da cucina!). Questa semplice formulazione lo rende ipoallergenico (vuol dire che riduce il rischio di reazioni allergiche), biodegradabile al 100% e soprattutto non comporta l’utilizzo di alcun additivo chimico.

 

Lo confesso: non conoscevo le caratteristiche del  Marsiglia, fino a quando non mi è stata data la possibilità di provare quello “vero”. E per questo devo ringraziare Fabio che si occupa da una ventina d’anni di vivere in maniera eco-sostenibile (è insegnate di yoga e operatore shiatsu). Non un business il suo ma una filosofia di vita che lo ha incoraggiato ad aprire un negozio online www.ilsaponedimarsiglia.it nel quale – oltre ai saponi originali, che importa  direttamente da Marsiglia e dalla Provenza – trovate anche shampoo e bagni-doccia, oli essenziali, accessori e molto altro, tutto all’insegna di una detergenza consapevole ed eco-sostenibile.

sapone di Marsigli diversi tipi a confronto 

Ho scoperto che il vero sapone di Marsiglia è di due tipi diversi:

  • quello cosiddetto “verde”, a base di olio di oliva, da usare per tutto il corpo
  • quello “bianco” a base di olio di cocco o palma utilizzabile per tutte le pulizie di casa, anche per fare il detersivo per lavatrice di cui parla Silvana nel suo post (e che trovate già frammentato in scaglie!)

 

"Glamorous Woman Pointing Sideways" by FDPhotos

“Glamorous Woman Pointing Sideways” by FDPhotos

Pensate che con il sapone di Marsiglia ti ci puoi fare persino lo shampoo e la doccia. Io non ho ancora provato, ma Papàrisparmio ne è rimasto entusiasta! Sì, perché questo sapone non ha solo potere battericida ma anche proprietà cicatrizzanti (per questo alcuni medici lo consigliano ai propri pazienti per lavarsi, magari a seguito di un intervento chirurgico).

Ma ripeto, non tutti i saponi sono uguali. Per cui occhio! 

Comunque il vero valore aggiunto, secondo me, è questo: con un solo prodotto fai tutto. Che pizza, tutti quei flaconi da trasportare, conservare e poi buttare nella differenziata.

Senza contare il costo esorbitante che molti di questi hanno! E se avete a cuore anche l’ambiente, si tratta di sicuro di una scelta consapevole che rispetta la Terra.

Fabio mi ha anche consigliato un ottimo sistema per lavare i pavimenti.

Ero scettica perché io ho il parquet. Invece … provare per credere: si prende il mocio o lo straccio bagnati, e si strofina direttamente la saponetta. Poi si rimette nel secchio con acqua tiepida, formando così una saponata leggera che pulisce e – udite, udite! – sgrassa magnificamente, senza risciacquo.

Pensate, si consumano al massimo 4/5 grammi di sapone, con una spesa di circa 0,05 Euro a “lavata”. Mi spiego? E non c’è imballo da smaltire.

Ma cosa più importante per noi mamme con bimbi piccoli che gattonano per casa, nessun residuo chimico ma solo cose na-tu-ra-li.

Se volete conoscere altri meravigliosi usi del sapone di Marsiglia non perdetevi questo utilissimo articolo: http://www.ilsaponedimarsiglia.it/contents/it/d10_uso_del_sapone_di_marsiglia.html

COME TOGLIERE L’ODORE DI BRUCIATO DAGLI AMBIENTI, FORNO, VESTITI E TENDE

Avete bruciato qualcosa sul fuoco o nel forno e l’odore non se ne va nonostante i vostri tentativi? Gli abiti e le tende si sono impregnati di quella terribile e inconfondibile puzza di bruciato? Ecco come togliere l’odore in maniera naturale e facile!

 

Amici l’altro giorno ho fatto un casino. Che a momenti mandavo a fuoco tutta la casa! Ero alle prese con un brutto ingorgo mammario. Già ne avevo avuti, sempre risolti in breve tempo. Come?

– massaggiando manualmente il seno mentre la bimba succhiava

– e con getto dell’acqua calda per sciogliere il grumo, poco prima di attaccare Babyrisparmio.

Sto giro però era veramente dura, eh! Perchè l’ingorgo era proprio profondo, non nella parte esterna del seno; per cui per massaggiare dovevo proprio spremere internamente, non vi dico con quali dolori! Alla ricerca di un po’ di sollievo, penso: “Adesso mi scaldo il cuscino di noccioli di ciliegio che mi sono autoprodotta nel microonde e me lo piazzo sul seno mentre scrivo un po’ al pc (sì, magari mentre scrivo a voi…eh eh! :-)).

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“Fire Alarm On White Background” by Sira Anamwong

Sta di fatto che mi dimentico il cuscino che gira nel forno (avete letto questo post dove mi autodefinisco mamma-rinco, senza esagerare? Se volete farvi due risate, dopo un po’ fateci un giro!). A un certo punto vedo una scia di fumo denso uscire dal mio fornellino microonde (più micro che onde!) preso alla Expert. Così denso, che per averne respirato un pochino mi sono sentita subito bruciare i polmoni. Corro verso il forno, prendo una forchetta, infilzo il mio cuscino di noccioli ormai da buttare e lo lancio sul balconcino!

Non vi dico quanto c’ho messo per far tornare la casa respirabile.

L’odore e lo sporco di bruciato sono una delle cose più difficili da far andare via (quando vi si riesce!).

Subito sono andata a vedere cosa diceva il libro di mia madre della perfetta casalinga, che gli regalò tipo 300 anni fa mio padre. Roba d’antiquariato ormai, che non si trova più nelle librerie eh eh! Per questo lo custodisco gelosamente…

PER L’AMBIENTE

I suggerimenti trovati e provati (tutti assieme perchè vi giuro che l’odore era insopportabile!) sono stati i seguenti:

  • ho fatto bollire una pentola d’acqua  con due bicchieri di aceto bianco. Inoltre avevo anche del pane vecchio nella credenza. Ho imbevuto due michette (certo..se avete un pane più mollicoso meglio!) sempre di aceto e le ho messe sul tavolo in cucina. L’odore dell’aceto non solo aiuta a coprire quello di bruciato, ma con il pane ha anche capacità assorbenti. La stessa cosa si può fare anche con il limone se non avete dell’aceto bianco a disposizione.

Solo che la situazione da me era davvero drammatica…

  • Altro aroma naturale in grado di sconfiggere i cattivi odori è il caffè. Noi di caffè non ne beviamo ma per fortuna avevo a disposizione un pacco di caffè che mi avevano regalato alla Coop. Così l’ho fatto bollire in acqua calda, subito dopo l’aceto. Ne ho preso una bella manciata…tipo un 150 grammi e l’ho lasciato sul fuoco per un bel po’ così che sprigionasse per bene il suo aroma. L’ideale sarebbe avere i chicchi di caffè a disposizione, da lasciare in giro per casa, perchè anche questi hanno proprietà assorbenti.

E ora passiamo alla parte più tosta…

Ecco come si presentava il mio forno!

Ecco come si presentava il mio forno!

PER IL FORNO A MICROONDE

Già abbiamo parlato in questo post di come pulire le incrostazioni del forno. Naturalmente ho seguito il procedimento, anche se non sono completamente riuscita a togliere la macchia. Lì si è proprio bruciata la plastica. E i miracoli ahinoi ancora non esistono. Pulito, dunque, ho pulito…

Ora vi dico anche come togliere i cattivi odori impregnati nel vostro forno.

Un buon metodo è sempre quello di utilizzare, come sempre, il bicarbonato di sodio. Lo si ripone in una ciotola all’interno del forno per almeno una notte intera affinchè si porti via tutti i cattivi odori. Ovviamente anche qui, prima, ho usato dell’aceto con dell’acqua calda e ho lasciato in posa anche del succo di limone per diverse ore, affinchè “sciogliesse” un po’ il bruciato. Naturalmente è un metodo che funziona anche con il forno normale. In quest’ultimo caso, se proprio l’odore non se ne va, in extremis, potete utilizzare anche dell’ammoniaca: lasciate evaporare un bel bicchiere di amoniaca tutta la notte. Il giorno dopo poi, passate un panno umido e pulite per bene. Occhio perchè i fumi dell’ammoniaca sono tossici, per cui attenzione quando riaprite lo sportello, abbiate cura di tenere il vostro volto a dovuta distanza.

Tornando al mio forno, il fastidio era dato soprattutto dal fatto che, scaldando altri alimenti, l’odore di bruciato continuava a emergere sempre un pochino. Dunque ho dovuto ripetere l’operazione per ben due volte. Ma adesso credo proprio di averlo sconfitto una volta per tutte. Che fatica però amici….meglio stare più attenti la prossima volta!

E PER GLI INDUMENTI E LE TENDE?

Se l’odore di bruciato si è impregnato anche sui vestiti o sulle tende  ol il tappeto, per esempio, provate a cospargeli di bicarbonato prima di lavarli. Lasciate riposare per almeno un giorno e poi aspirate con l’aspirapolvere il bicarbonato. Provate, prima di buttare via un bel capo cui siete affezionati solo perchè odora di bruciato!

E voi avete mai bruciato qualcosa in casa vostra? 🙂

Io una volta mi sono addormentata sul letto con la lampadina per leggere che avevo appoggiato sul materasso perchè non  vedevo; questa si rovesciata e ha “fuso” il materasso. Risultato? Un buco profondo come una pallina da tennis nel materasso su cui ancora dormo. La soluzione in questo caso? Niente bicarbonato, l’ho solo girato dall’altro lato.

Mali estremi (a votet meritati), estremi rimedi 😀

Bene vi ho detto veramente tutto!

Grazie, ciao!

BASTA SPRECHI, INSEGNA AL TUO BIMBO L’IMPORTANZA DEL CIBO CON QUESTA GIOCOSTORIA

Oltre duecentomila tonnellate di cibo invenduto finiscono ogni anno nelle discariche, solo perchè è “brutto” vedersi o prossimo alla scadenza. Non si può più tollerale un tale spreco. Nelle mense scolastiche supera addirittura il 50%. Un Pane per Tutti è una delle associazioni che prova a dare un freno al fenomeno.

un pane per tutti logo

Tutta colpa di un melone. Un giorno in un super sto prezzando un melone quasi acerbo, mi cade, velocemente passa un addetto, lo raccoglie e lo butta nel sacco nero dei rifiuti. Dopo 2 mesi un altro addetto reparto ortofrutta, guarda i grappoloni d’uva esposti e quando ne trova uno che ha due o tre acini scuri, finisce nel sacco nero dell’indifferenziata.

Sono sbigottita.

Già dal melone era partita l’idea, così cerco tutto quello che può esserci sul fenomeno e scopro un mondo a parte. Migliaia di tonnellate di cibo ogni anno finiscono in discarica, tra agricoltura, industria, piccola e grande distribuzione e ristorazione. Di queste poco piu del 10% è donato. Ad occuparsene sono soprattutto il” Banco Alimentare” e “Last Minute Market” che entrambi portano avanti da anni il recupero alimentare. Ma si tratta di due gocce nell’oceano.

Nel mio piccolo, mi sono sempre interessata di ambiente, già 20 anni fa avevo depositato un brevetto per la raccolta differenziata ed oggi ne ho un altro per un vassoio bio.

Che cosa si scarta nel settore alimenti che può essere recuperato? Prodotti non graditi al mercato, vicini alla scadenza, leggermente danneggiati, fuori calibro, confezioni di prova o non idonee e, naturalmente, pasti non consumati. Esiste la legge 155/2003 detta del Buon Samaritano che prevede la ridistribuzione ad Enti Caritatevoli dell’invenduto. Eppure c’è ancora molto da fare. Lo spreco non è più accettabile e l’attuale situazione economica non permette di ignorare le fasce deboli della popolazione.

Fresh Fruit In Shopping Trolley" by Grant Cochrane

Fresh Fruit In Shopping Trolley” by Grant Cochrane

E proprio da questi presupposti un anno e mezzo fa mi è nata l’idea di fondare l’Associazione “Un pane per tutti”, pensando a quanto fosse utile recuperare quei prodotti vicini alla scadenza per rivenderli a sottocosto, magari in punti vendita dedicati solo alla commercializzazione dei prodotti invenduti; nuovi punti di riferimento utili sia alle persone in difficoltà sia ai venditori, per un recupero parziale delle eccedenze.

Ho pensato però anche ai nostri amici a quattro zampe. Carni e verdure ormai invendibili, ma ancora buoni…perchè non donarli ai canili o alle associazioni animaliste? Buttare via la carne è un doppio spreco, poichè significa che milioni di animali son stati allevati e uccisi inutilmente (soprattutto se si tiene conto che oltre il 70 % della alimentazione umana è di origine animale).

E infine ho pensato all’importanza della raccolta differenziata dell’organico anche nel settore agroalimentare. A parte poche realtà, nei rifiuti generici oggi purtroppo finisce tutto nello stesso “calderone” con danni enormi all’ecologia (visto che l’umido abbassa le temperature degli inceneritori).

Marina Borghetti, una mammarisparmio, fondatrice dell’associazione “Un Pane per Tutti”

Qui sotto voglio proporvi una gioco-storiella per insegnare ai bambini l’importanza del cibo e  che ho realizzato durante la mostra itinerante Un pane per Tutti che ha girato le mense scolastiche.

E’ qui infatti che lo spreco supera il 50 per cento!!!  Stampatela e mettetela sul frigorifero.

gioco storia sul cibo dei bambini

A proposito voi come glielo dite? Come lo dicevano a noi da piccoli: “Guarda che in Africa ci sono bimbi che non hanno nulla da mangiare”? Il rapporto con il cibo è sempre qualcosa di molto complicato e delicato…

 

Ti piace questa bella storia di speranza? Condividila…grazie!

PARTORIRE CON IL SORRISO: “MAI PENSATO AL GAS ESILARANTE? IO L’HO USATO”

Il protossido di azoto è una delle anestesie possibili al momento del parto, ma ancora poco utilizzata in Italia quando invece è prassi comune in molti Paesi, uno su tutti la Gran Bretagna. Il vantaggio è che oltre ad alleviare il dolore, ha molti meno effetti collaterali rispetto all’epidurale (e costerebbe anche meno allo Stato).

Avevo 21 anni quando ho scoperto la prima volta di essere incinta e fu un vero shock.

Il cambiamento fu totale: il corpo che si modifica, il rapporto con gli amici e i parenti, la ricerca della casa e la costruzione di un nuovo nucleo familiare.

Ma la paura più grande era quella del parto. Sono sempre stata fifona e dunque cercavo un buon ospedale dove partorire e sentire poco dolore.

Mi ricordai che mia madre aveva conosciuto un ginecologo greco che aveva lavorato tanti anni in Inghilterra e che da poco era tornato in Italia portando un nuova tecnica per il parto cesareo con anestesia locale.

Mi sono fidata di questa persona che era riuscita a diventare Primario all’ospedale di Livorno e mi feci seguire per tutta la gravidanza anche se abito vicino Firenze.

La data presunta del parto era fissata per settembre e poiché mia nonna aveva la casa al mare a Rosignano, mi trasferii da lei.

Mi tranquillizzava pensare che all’ospedale di Livorno avevano portato una poltrona massaggiante che poteva diventare lettino e il Gas al protossido di azoto e ossigeno che mi avrebbe fatto da anestesia orale.

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Una notte non mi sentii bene e poiché ero vicina alla data del parto mi presentai in ospedale, dove mi tennero a digiuno e mi sistemarono in camera.

Alle 14  i dolori si fecero più forti, soprattutto all’altezza dell’addome e dello stomaco: era l’inizio del travaglio!

Ero in ansia, avevo paura, quei forti dolori all’addome e alla schiena mi provocarono anche il vomito.

Quando mi si ruppero le acque, intorno alle 15, mi portarono in sala parto.

Nonostante le mie paure iniziali, subito mi tranquillizzai: ero seduta su una bella poltrona massaggiante e con una mano tenevo la mascherina del Gas vicino alla bocca.

Respirare quel gas mi faceva sentire meno dolore e dopo qualche spinta alle 15:15 nacque Gabriele, il mio primo figlio.

Mi misero due punti e non sentii niente perché avevo ancora l’effetto del protossido di azoto.

Questa tecnica secondo me è ottima da adottare in tutti gli ospedali di Italia, è un modo di partorire senza dolore e senza effetti collaterali dell’anestesia.

Ma in Italia le nuove tecniche non sono mai ben accette e quel primario fu mandato via da Livorno perché troppo innovativo.

Per il secondo figlio, ho aspettato sei anni per problemi di lavoro, e mi decisi di andare più vicino a partorire.

A Firenze non c’era ancora il baby-rooming, ma il nido per la notte, e volevo provare a partorire naturalmente.

Il travaglio mi iniziò di notte, verso le 2 dissi. Così dissi a mio marito Davide di portarmi in ospedale.

Quando arrivai ero già dilatata di 5 centimetri con le acque che già si erano rotte. Subito mi portarono  in sala parto, una stanza fredda e buia.

I dolori erano forti, ma tra una contrazione e l’altra, riuscivo a respirare e a rilassarmi.

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All’inizio urlavo per il dolore, poi l’ostetrica mi disse che non spingevo abbastanza e allora iniziai ad usare la respirazione per aiutarmi nella spinta e in poco tempo nacque Diego, il mio secondo figlio.

Anche per il secondo parto mi misero due punti, ma senza anestesia, quell’ago era insopportabile.

Ero distrutta, stanca. Riamsi sola in stanza per un paio d’ore, riuscii a dormire un pochino fino a quando arrivò il piccolo.

Il post-partum fu più faticoso anche perché a casa c’era un’altro bambino che mi aspettava.

Con due figli è più difficile trovare un’equilibrio ma con l’aiuto della famiglia e delle strutture scolastiche, ci sono riuscita in breve tempo. E quando Diego ha compiuto nove mesi sono potuta rientrare al lavoro.

Linda Grazzini, una mammarispamio

Qualche altra mamma che abbia partorito con questa anestesia particolare? E’ vero che ti viene da ridere quando aspiri il gas?