Oggi, il nostro giornalista ha toccato con mano il lato peggiore del Brasile: la povertà. Riassumibile in una parola sola: favela. Non quella famigerata di Rio o quella vista ieri a Manaus; quella di Rio Preto, distanti pochi passi dalla casa di Padre Robert.
Strade dissestate, piene di buchi che paiono crateri, pendenze da Mortirolo, quasi impossibili da affrontare con una macchina normale. Poi le case, una appiccicata all’altra, alternate, quasi in una sorta di beffardo progetto edilizio, da quella colorata pastello a quella con il mattone a vista, un insieme di muri che paiono quasi sincopati, non fosse che la rigogliosa vegetazione che fa da cornice al tutto renda il paesaggio assolutamente unico, nella sua miseria.
Il tanfo che sale dai rigagnoli che costeggiano le strade invade l’aria, il rosso vivo della terra si accompagna a qualche pezzo di asfalto. Le buche piene di liquido stagnante si trasformano in piscine per enormi tafani che volano al pelo dell’acqua. Qui non ci sono bandiere brasiliane, non si vedono lustrini verdeoro. A pochi passi da qui stanno dipingendo una strada intera con i colori della loro speranza mondiale.
Qui la speranza non rimbalza con un pallone, ma è impregnata dal lento scorrere del tempo, in un caldo soffocante che rende la strada, leggermente coperta dall’ombra delle lamiere, l’unico rifugio possibile durante il giorno.
Però, poi, la sorpresa è lì che ti guarda, con occhi vispi e furbi, gli occhi dei tanti bambini che si affacciano lungo la via. Sorridono, alzano il pollice della mano destra e rendono il panorama ancora più incredibile. Il giornalista ama i bambini…ma quelli non li aveva mai visti.
Sentito parlare, certo, ma vederli, parlare con loro, improvvisare un dialogo in portoghese, quello proprio no. Non pensa siano felici di stare lì, probabilmente la loro infanzia finirà presto, inghiottita da quello che è il tunnel più facile da imboccare da queste parti, la droga e il crimine, ma per il momento ridono, ridono di lui, che è arrivato fin qui per giocare il suo Mondiale.
Oggi non ha visto palloni rotolare, ma quegli sguardi, quei paesaggi, li porterà dentro di sé, in quel bagaglio che ogni giorno si riempie di cose nuove, che lo lasciano sbalordito, forse più di quei bambini, ancora incantati dal suo passaggio nella favela, un luogo che sembrerebbe dimenticato da Dio e che lui non dimenticherà mai.